L’ultimo giorno di Pompei. Melodramma in due atti di Giovanni Pacini su libretto di Andrea Leone Tottola (1825) (QNBP, series minor, 13)

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    Descrizione:

    In 8°, bross. edit., 102 pp. con ill.ni a coll delle  scenografie di A.Sanquirico


    La riscoperta dei resti della città di Pompei (iniziata con i primi
    scavi del 1738) conobbe un relativo momento di vivacità
    dal 1808, quando la moglie di Gioacchino Murat, Carolina
    Bonaparte, incoraggiò e potenziò le operazioni di scavo
    delle città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d.C. È in questo
    clima che il Teatro San Carlo ospita, il 19 novembre 1825, il debutto
    de L’ultimo giorno di Pompei di Giovanni Pacini, opera kolossal
    catastrofica che, anche grazie alle maestose scenografie di Alessandro
    Sanquirico, stupì il pubblico napoletano cogliendo un deciso
    successo. Il gusto per lo spettacolare effetto scenico, legato in parte
    dall’opera francese, si univa a un’ambientazione neoclassica calata in
    un’atmosfera apocalittica (già dal titolo) nella cui incombente tragicità
    non è peregrino cogliere già un aspetto romantico: l’opera precede
    di nove anni il poi celeberrimo romanzo The Last Days of Pompeii
    dello scrittore britannico Edward Bulwer-Lytton, la cui trama
    sarà alla base di buona parte delle successive manifestazioni artistiche
    ispirate agli ultimi momenti di Pompei. Nell’opera di Pacini il gusto
    per il pittoresco e per la ricostruzione pompeiana (evidente nella
    cura delle didascalie del libretto di Andrea Leone Tottola) si unisce
    all’impianto dell’opera neoclassica di gusto francese, creando un melodramma
    decisamente diverso dalle opere composte a inizio secolo.