L’ultimo giorno di Pompei. Melodramma in due atti di Giovanni Pacini su libretto di Andrea Leone Tottola (1825) (QNBP, series minor, 13)
di
- Anno Edizione:
- 2024
- Collana/Rivista:
- Quaderni di Nova Bibliotheca Pompeiana
- Casa Editrice:
- Arbor Sapientiae Editore - Roma
- Argomento:
- Pompeianistica, archeologia e storia della Campania antica
Descrizione:
La riscoperta dei resti della città di Pompei (iniziata con i primi
scavi del 1738) conobbe un relativo momento di vivacità
dal 1808, quando la moglie di Gioacchino Murat, Carolina
Bonaparte, incoraggiò e potenziò le operazioni di scavo
delle città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d.C. È in questo
clima che il Teatro San Carlo ospita, il 19 novembre 1825, il debutto
de L’ultimo giorno di Pompei di Giovanni Pacini, opera kolossal
catastrofica che, anche grazie alle maestose scenografie di Alessandro
Sanquirico, stupì il pubblico napoletano cogliendo un deciso
successo. Il gusto per lo spettacolare effetto scenico, legato in parte
dall’opera francese, si univa a un’ambientazione neoclassica calata in
un’atmosfera apocalittica (già dal titolo) nella cui incombente tragicità
non è peregrino cogliere già un aspetto romantico: l’opera precede
di nove anni il poi celeberrimo romanzo The Last Days of Pompeii
dello scrittore britannico Edward Bulwer-Lytton, la cui trama
sarà alla base di buona parte delle successive manifestazioni artistiche
ispirate agli ultimi momenti di Pompei. Nell’opera di Pacini il gusto
per il pittoresco e per la ricostruzione pompeiana (evidente nella
cura delle didascalie del libretto di Andrea Leone Tottola) si unisce
all’impianto dell’opera neoclassica di gusto francese, creando un melodramma
decisamente diverso dalle opere composte a inizio secolo.