Italo Raffioli - Diario di un soldato. Cinque anni di un soldato chiamato alle armi (1940-1945) - a cura di Floriana Giannetti
di Floriana Giannetti
- Anno Edizione:
- 2024
- Collana/Rivista:
- Quaderni del centro Studi Mario Equicola - Alvito
- Argomento:
- Storia locale
- ISBN:
- 979-12-81427-33-4
Descrizione:
Il ritrovamento di un manoscritto autografo... qual fatto più degno di nota
dal punto di vista storico-letterario?! Dal commovente incontro, dopo 28
anni, di una docente, la Prof.ssa Floriana Giannetti, con un alunno di
Lenola, diplomatosi Geometra a Cassino nel 1995, nipote della “recluta
Raffioli Italo, nato a Lenola il 25-8-1920”, nasce l’occasione – in ricorrenza
dell’ottantesimo anniversario della distruzione della città di Cassino – di
pubblicare il presente diario inedito, la cui lettura ci consente di avvicinarci,
rispettosamente, alla drammatica vicenda dei tanti giovani soldati italiani, dal
nostro territorio, inviati a combattere, nella lontana terra di Russia. Si tratta
di un breve testo, umanamente straziante, incentrato su una delle narrazioni
che più toccano il cuore: quella delle tante persone semplici, vissute in un’altra
epoca, che ebbero in sorte, e non per loro volontà, di essere segnate dalla
ferita dell’ultima guerra. Un raccontare, con purezza, basato sui fatti e sulle
azioni e sul ricordo dei fatti e delle azioni, non privo di momenti di autentica
drammatica poesia. Colpirà il lettore quel luminoso ricordo: “... per le vie di
Roma, con un sole scottante e zaino bagnato di sudore”, chissà con quanta
cura dal soldato Italo Raffioli serbato e custodito nell’intimo illusorio
spazio che chiamiamo cuore, considerando la perigliosa e disumanizzante
sventura che avrebbe, poi, per dovere di lealtà all’Italia, dovuto affrontare,
sul freddissimo – e atrocemente tale! – fronte russo. Colpirà il lettore la verità
dei fatti storicamente vissuti che si fa parola, narrandoci, senza opinioni e
retorica, il senso vero della guerra come realtà negativa, che, progressivamente,
freddamente, toglie e sottrae, all’essere umano, senza pietà, ogni cosa. Da
quel fatto di quell’ultimo conflitto, autenticamente vissuto, non da cultura
o retorica, i Padri e le Madri Costituenti trassero il “ripudio” della guerra, di
cui all’art. 11 della nostra Costituzione della Repubblica Italiana; sentimento
che vollero infondere nel cuore civico della Nazione rinnovata e che ci spinge,
tuttora, nel rispetto della memoria, all’eterno ricordo dei fatti che furono.
Augusto Ciaraldi
Italo Raffioli, classe 1920, di
Lenola, ieri provincia di Littoria,
oggi Latina, è stato un soldato
esemplare che ha pagato un
tributo pesante alla folle avventura
bellica nella quale il nostro paese fu
trascinato. Inviato prima sul fronte
francese e poi su quello balcanico,
prese parte alla disastrosa campagna
di Russia che vide l’inutile sacrificio
dell’Armir, con più di 85 mila
soldati che non fecero ritorno. E
con tante altre decine di migliaia
rinchiusi per anni nei terribili campi
di concentramento, in preda alle
malattie, alla denutrizione e al freddo
che raggiungeva anche i 40 gradi sotto
zero. Catturato alla fine di dicembre
del 1942 nella zona del Don, derubato
e spogliato di ogni cosa (riuscì
soltanto a salvare una foto della madre
e un’immagine della Madonna del
Colle, nascondendole nelle scarpe),
costretto a gridare “Viva Stalin”,
tenuto a lungo senza mangiare, con il
corpo infestato dai pidocchi e con un
piede congelato, dopo dieci giorni di
dura marcia a piedi e altri dieci in un
treno sudicio, Italo e tanti altri soldati
italiani furono depositati come oggetti
vecchi e malandati in un gelido lager
in Mordovia, nella pianura del Volga,
che aveva ospitato prigionieri politici
russi. E qui restò, subendo sofferenze
inenarrabili (il rancio era pesce secco
e una fetta di pane duro, mentre
per bere ci si serviva della neve) fino
al novembre del 1945, quando la
guerra era già finita da un bel pezzo.
Trentaquattro mesi di prigionia e
di morte: dei 1.500 soldati italiani
arrivati in quel campo, infatti, uscì
vivo poco più della metà. Soltanto alla
fine dell’anno e dopo un lunghissimo
viaggio, Italo poté tornare a Lenola e
riabbracciare i suoi. Cosa che in tanti
non riuscirono a fare. Aveva soltanto
25 anni ma aveva visto e patito cose
difficili da immaginare con gli occhi di
oggi. Per questo il suo diario, semplice,
schematico, asciutto ma preciso e
puntuale, è un prezioso cimelio da
conservare con tutti i riguardi.
Fernando Riccard